Una carezza dal cielo
Più di una persona mi ha chiesto di condividere quanto sto vivendo in questo ultimo
periodo della mia vita. Lo faccio con gioia perché tutto sia per la gloria di
Dio.
In questo ultimo tempo dentro di me ho coltivato quanto ha vissuto
Gesù: “questo è il mio Corpo… questo è il mio Sangue
versato per voi e per tutti… fate questo in memoria di me” (Lc 22,19). Ciò era ed è molto chiaro quando, “in persona Christi” (cioè immedesimato in lui), celebro l’Eucarestia nella sua bella e ricca
ritualità: ascolto della parola, omelia, preghiera universale,
consacrazione. Ma questa partecipazione alla presenza vitale di Gesù nella mia
vita si dispiega e dilata in tutte le dimensioni del servizio che sono stato
chiamato a svolgere in questi ultimi anni, nei diversi ambiti pastorali ed a livelli diversi: relazioni personali, servizio
alla comunità religiosa, alla Congregazione, alla comunità di Arcobaleno di
popoli, alla Diocesi, alle Chiese di Sicilia ed alla Fondazione Migrantes.
Credere, amare e servire sempre, con tutto me stesso e per primo, sono state le
piste fondamentali su cui mi sono mosso.
Il due gennaio 2020 quando sono stato assalito dai crampi all’addome, per me era solo un’influenza. Per il dott. M. A., nelle cui mano da una decina d’anni ho messo la cura della mia salute, non era così. Giunto nel suo ambulatorio, mi ha fatto fare subito una flebo ed un prelievo per delle analisi del sangue. Da eccellente professionista è andato fino in fondo per capire le cause di alcuni valori della funzionalità del pancreas che erano fuori della norma. Tre ecografie, una risonanza magnetica e due TC, non sono stati sufficienti per definire le cause dei valori pancreatici non in regola. In questa fase sembrava che si potesse ricondurre il malessere avuto ad inizio anno ad una pancreatite. Solo un’ecocolorendoscopia fatta il 20 marzo all’ISMETT, ha rilevato la presenza di un tumore alla testa del pancreas in fase iniziale e quindi operabile. Nel giro di 10 giorni avrei dovuto essere ricoverato ed operato all’ISMETT.
Non appena ho ricevuto questa notizia, dopo un momento di sorpresa, ho
subito pensato a p. Ettore che ha scoperto il tumore al pancreas quando ormai
era troppo tardi, mentre io all’inizio. Una grossa dose d’incoscienza non solo
mi ha fatto accettare la patologia, ma mi ha condotto a pensare d’aver ricevuto
“una carezza dal Cielo”:
da parte di Maria sotto la cui protezione da sempre ho messo la mia vita e da p. Ettore. Una carezza che è
arrivata a me attraverso il sintomo dei crampi all’addome, cosa questa
rarissima in questa patologia. Gli specialisti affermano che il tumore al
pancreas è asintomatico. Una carezza che si è espressa anche attraverso la
“materna” custodia professionale e tenace del dott. M. A., che non si è dato
pace finché non avesse trovato la causa dei valori pancreatici sballati.
Capisco con maggiore profondità che questo mio corpo offerto in unione
al “Corpo di Cristo” mi rende partecipe della
missione redentiva operata già da Gesù di Nazareth e che nel tempo e nella
storia si prolunga attraverso coloro che si affidano, credono e offrono nella
certezza della sua presenza. Come detto nelle Costituzioni
e Regole dei Missionari
OMI: diventiamo “corredentori dell’umanità”. Ed il segno più eloquente sono
state la pace e la serenità che mi hanno accompagnato e continuano ad
accompagnarmi.
A fine marzo, prima di essere ricoverato per l’intervento, ho chiesto
di ricevere l’Unzione dei
Malati. Un momento molto
forte e toccante per me e la comunità oblata di Palermo. Nella concelebrazione Eucaristica e
nell’Imposizione delle mani su di me dei miei confratelli ho avvertito come
un fuoco che fisicamente mi pervadeva, segno della protezione di Gesù. Certo di
questa presenza il 31 Marzo sono entrato in ospedale: l’ISMETT, un centro di
eccellenza a livello europeo per la cura del fegato e del pancreas, un centro
trapianti di alta specializzazione. Mi sono affidato ancora una volta alla
Madonna. In ospedale non poteva entrare nessuno perché ormai tutto era sotto la
pandemia dovuta al Covid-19.
Il 1° aprile ero già in sala operatoria: 7 ore d’intervento! Mi
avevano informato che oltre all’asportazione della testa del pancreas dove era
il tumore, avrebbero tolto il duodeno, la cistifellea e toccato lo stomaco, le
vie biliari e l’intestino. A fine intervento mi hanno detto d’aver tolto anche
una ghiandola contaminata. Un intervento molto complesso di alta
specializzazione. Nelle prime ore del 2 aprile, però, è subentrata una
emorragia interna, per cui ho dovuto subire un nuovo intervento salva-vita
della durata di 5 ore. Il mio corpo era fortemente provato, ma per fortuna
sedato. Una certa dose d’incoscienza continuava ad avvolgere questi momenti,
unita alla certezza della protezione di Maria.
Nei giorni dopo l’intervento avevo la consolazione dell’Eucarestia che
mi veniva portata quotidianamente dal cappellano dell’ospedale. Mi consolava
anche sapere che moltissime persone pregavano per me.
Il contatto con la comunità, i familiari e gli amici avveniva tramite
il dottor M.A. che, oltre ad accompagnare me, comunicava a tutti un bollettino
medico sulla mia salute, che poi, tramite una fitta rete di collegamenti,
veniva trasmesso a tutti di modo che quotidianamente fossero informati del mio
decorso ospedaliero.
Ho vissuto in ospedale l’ultimo periodo della quaresima compresa la
Settimana Santa: il Sabato Santo mi hanno dimesso per farmi trascorrere la S.
Pasqua in comunità. Posso affermare di aver vissuto nelle mie carni il tempo
della passione, morte e risurrezione di Gesù. La passione di Gesù nelle mie
carni; la morte di Gesù con l’emorragia interna e la resurrezione con la notte
di Pasqua.
Arrivato in comunità con l’ambulanza sono stato assistito con
attenzione e dedizione in tutte le mie necessità dai miei confratelli,
specialmente nel primo mese. Particolare attenzione l’ho ricevuta da alcune
persone che ringrazio di cuore. Poi lentamente ho iniziato ad avere un po’ di
forze. Con l’addome cucito da più di 50 punti metallici, pian piano mi alzavo
dal letto e giorno dopo giorno camminavo verso l’autonomia. Ero cosciente che non
mi avevano tolto un dente, ma erano intervenuti su sei organi interni ed il mio
fisico doveva imparare a vivere e
lavorare in una nuova condizione.
In ospedale e nei primi mesi non ho potuto celebrare la s. Messa, ma
ogni giorno ho potuto dire: “questo è il mio Corpo,
offerto in sacrificio per voi e per tutti”. Ho unito la mia sofferenza a
quella di Gesù, sapendo profondamente cosa volesse dire:
”completo nelle mie carni i patimenti di Cristo a favore della Chiesa e
dell’umanità”.
Nella convalescenza ho avuto dei momenti molto difficili e dolorosi: crampi con intense fitte lancinanti e insopportabili alla “bocca
dello stomaco”, che per fortuna duravano poco tempo. Ringrazio i medici che hanno
trovato il giusto rimedio farmacologico.
Per due mesi sono stato con un filo di voce a causa di una paresi ad
una corda vocale, dovuta al veloce intubamento che mi hanno fatto nella seconda
operazione per salvarmi la vita. Avevo accettato anche l’idea di non poter
cantare come prima. A giugno ho iniziato un percorso di logopedia per
recuperare la voce, cosa questa che è avvenuta a fine ottobre. L’otorino che mi
ha visitato ha constatato il perfetto recupero della corda vocale. Ora parlo
bene e comincio anche a cantare.
Il 21 Maggio, festa del nostro Fondatore Sant’Eugenio de Mazenod, per
la prima volta sono sceso nella nostra chiesa della Parrocchia di S. Nicolò da
Tolentino per la concelebrazione. Cosa che poi ho continuato a fare quando mi sentivo in sufficienti forze.
A giugno ho iniziato la chemioterapia. Mi hanno detto che sarebbe durata
per diversi mesi. L’ultima chemio l’ho fatta il 30 ottobre. In questo periodo per
tre giorni a settimana sono stato in ospedale ed ho condiviso le sorti dei
malati oncologici. Ho fatto file
interminabili per aspettare i turni per le visite, i prelievi e poi le
infusioni chemioterapiche. Ho ascoltato le angosce di molti ammalati, ho
sostenuto le loro speranze incoraggiandoli ad avere fiducia. Giovani mamme,
anziani, uomini e donne mature, tutti accomunati dalla medesima patologia. A
sera, partecipando alla S. Messa presentavo al Signore le gioie e le sofferenze
delle persone che incontravo ed ho pregato in modo particolare per quanti erano
privi di speranza. A messa raccomandavo al Signore anche tutti i medici che mi
hanno seguito: chirurghi, oncologi ed infermieri affinché mantenessero sempre quello
spessore di umanità che li rende vicini ai pazienti.
Ora debbo gestire il diabete che è l’eredità dell’intervento. Il resto
del pancreas non riesce a produrre sufficiente insulina, per cui 4 volte al
giorno debbo iniettarmi l’insulina che serve al mio organismo. Fra alcuni mesi
dovrò fare il prossimo controllo.
Sono cosciente d’aver ricevuto una “carezza dal Cielo”, perché possa continuare l’opera che il
Signore mi ha affidato chiamandomi alla vita missionaria e sacerdotale.
p.
Sergio Natoli omi
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