domenica 20 dicembre 2020

 Una carezza dal cielo

Più di una persona mi ha chiesto di condividere quanto sto vivendo in questo ultimo periodo della mia vita. Lo faccio con gioia perché tutto sia per la gloria di Dio.

    Le relazioni umane intrise di vangelo restano per sempre anche dopo la morte delle persone. E sono sempre poche le persone con cui il cuore si apre fiducioso. Una di queste persone è stata ed è p. Ettore Andrich omi. Ho raccolto le sue gioie pastorali ma anche le sue sofferenze specialmente nell’ultima fase della sua vita quando, affetto da un tumore al pancreas, percorreva ancora le strade dell’Italia e scriveva le ultimane pagine della sua vita terrena. A lui cerco di dar voce ogni qualvolta insegno e canto la melodia del Padre nostro. Ora che lui è nella casa del Padre, ascolterà con gioia questa bella e coinvolgente melodia cantata ormai da migliaia di persone. E’ un modo con cui la sua lode continua a giungere al Cielo con la mia voce e la voce di quanti lo cantano. “Io in te e tu in me” afferma Gesù, riferendosi al suo rapporto col Padre, nel descrivere la relazione con i suoi apostoli. E’ così anche per me specialmente ora che p. Ettore ha raggiunto la casa del Padre. Ogni tanto pensando a lui, mi chiedevo come avrei reagito io, in una situazione simile. La domanda non aveva risposta! L’avrei capito un po’ di tempo dopo.

In questo ultimo tempo dentro di me ho coltivato quanto ha vissuto Gesù: “questo è il mio Corpo… questo è il mio Sangue versato per voi e per tutti… fate questo in memoria di me” (Lc 22,19).  Ciò era ed è molto chiaro quando, “in persona Christi” (cioè immedesimato in lui), celebro l’Eucarestia nella sua bella e ricca ritualità: ascolto della parola, omelia, preghiera universale, consacrazione. Ma questa partecipazione alla presenza vitale di Gesù nella mia vita si dispiega e dilata in tutte le dimensioni del servizio che sono stato chiamato a svolgere in questi ultimi anni, nei diversi ambiti pastorali ed a livelli diversi: relazioni personali, servizio alla comunità religiosa, alla Congregazione, alla comunità di Arcobaleno di popoli, alla Diocesi, alle Chiese di Sicilia ed alla Fondazione Migrantes. Credere, amare e servire sempre, con tutto me stesso e per primo, sono state le piste fondamentali su cui mi sono mosso. 

Il due gennaio 2020 quando sono stato assalito dai crampi all’addome, per me era solo un’influenza. Per il dott. M. A., nelle cui mano da una decina d’anni ho messo la cura della mia salute, non era così. Giunto nel suo ambulatorio, mi ha fatto fare subito una flebo ed un prelievo per delle analisi del sangue. Da eccellente professionista è andato fino in fondo per capire le cause di alcuni valori della funzionalità del pancreas che erano fuori della norma. Tre ecografie, una risonanza magnetica e due TC, non sono stati sufficienti per definire le cause dei valori pancreatici non in regola. In questa fase sembrava che si potesse ricondurre il malessere avuto ad inizio anno ad una pancreatite. Solo un’ecocolorendoscopia fatta il 20 marzo all’ISMETT, ha rilevato la presenza di un tumore alla testa del pancreas in fase iniziale e quindi operabile. Nel giro di 10 giorni avrei dovuto essere ricoverato ed operato all’ISMETT.

Non appena ho ricevuto questa notizia, dopo un momento di sorpresa, ho subito pensato a p. Ettore che ha scoperto il tumore al pancreas quando ormai era troppo tardi, mentre io all’inizio. Una grossa dose d’incoscienza non solo mi ha fatto accettare la patologia, ma mi ha condotto a pensare d’aver ricevuto “una carezza dal Cielo”: da parte di Maria sotto la cui protezione da sempre ho messo la mia vita e da p. Ettore. Una carezza che è arrivata a me attraverso il sintomo dei crampi all’addome, cosa questa rarissima in questa patologia. Gli specialisti affermano che il tumore al pancreas è asintomatico. Una carezza che si è espressa anche attraverso la “materna” custodia professionale e tenace del dott. M. A., che non si è dato pace finché non avesse trovato la causa dei valori pancreatici sballati.

            Una “carezza dal cielo” di cui ne godo i benefici. Il beneficio più grande è la cosciente partecipazione ai “patimenti di Cristo” che nelle “mie carni” completa i suoi patimenti a favore della Chiesa e dell’umanità (Col 1,24). Così spesso mi ritrovo a ripetere: “Questo è il mio Corpo offerto…”. 

Capisco con maggiore profondità che questo mio corpo offerto in unione al “Corpo di Cristo” mi rende partecipe della missione redentiva operata già da Gesù di Nazareth e che nel tempo e nella storia si prolunga attraverso coloro che si affidano, credono e offrono nella certezza della sua presenza. Come detto nelle Costituzioni e Regole dei Missionari OMI: diventiamo “corredentori dell’umanità”. Ed il segno più eloquente sono state la pace e la serenità che mi hanno accompagnato e continuano ad accompagnarmi.

A fine marzo, prima di essere ricoverato per l’intervento, ho chiesto di ricevere l’Unzione dei Malati. Un momento molto forte e toccante per me e la comunità oblata di Palermo. Nella concelebrazione Eucaristica e nell’Imposizione delle mani su di me dei miei confratelli ho avvertito come un fuoco che fisicamente mi pervadeva, segno della protezione di Gesù. Certo di questa presenza il 31 Marzo sono entrato in ospedale: l’ISMETT, un centro di eccellenza a livello europeo per la cura del fegato e del pancreas, un centro trapianti di alta specializzazione. Mi sono affidato ancora una volta alla Madonna. In ospedale non poteva entrare nessuno perché ormai tutto era sotto la pandemia dovuta al Covid-19.

Il 1° aprile ero già in sala operatoria: 7 ore d’intervento! Mi avevano informato che oltre all’asportazione della testa del pancreas dove era il tumore, avrebbero tolto il duodeno, la cistifellea e toccato lo stomaco, le vie biliari e l’intestino. A fine intervento mi hanno detto d’aver tolto anche una ghiandola contaminata. Un intervento molto complesso di alta specializzazione. Nelle prime ore del 2 aprile, però, è subentrata una emorragia interna, per cui ho dovuto subire un nuovo intervento salva-vita della durata di 5 ore. Il mio corpo era fortemente provato, ma per fortuna sedato. Una certa dose d’incoscienza continuava ad avvolgere questi momenti, unita alla certezza della protezione di Maria.

Nei giorni dopo l’intervento avevo la consolazione dell’Eucarestia che mi veniva portata quotidianamente dal cappellano dell’ospedale. Mi consolava anche sapere che moltissime persone pregavano per me.

Il contatto con la comunità, i familiari e gli amici avveniva tramite il dottor M.A. che, oltre ad accompagnare me, comunicava a tutti un bollettino medico sulla mia salute, che poi, tramite una fitta rete di collegamenti, veniva trasmesso a tutti di modo che quotidianamente fossero informati del mio decorso ospedaliero.

Ho vissuto in ospedale l’ultimo periodo della quaresima compresa la Settimana Santa: il Sabato Santo mi hanno dimesso per farmi trascorrere la S. Pasqua in comunità. Posso affermare di aver vissuto nelle mie carni il tempo della passione, morte e risurrezione di Gesù. La passione di Gesù nelle mie carni; la morte di Gesù con l’emorragia interna e la resurrezione con la notte di Pasqua.

Arrivato in comunità con l’ambulanza sono stato assistito con attenzione e dedizione in tutte le mie necessità dai miei confratelli, specialmente nel primo mese. Particolare attenzione l’ho ricevuta da alcune persone che ringrazio di cuore. Poi lentamente ho iniziato ad avere un po’ di forze. Con l’addome cucito da più di 50 punti metallici, pian piano mi alzavo dal letto e giorno dopo giorno camminavo verso l’autonomia. Ero cosciente che non mi avevano tolto un dente, ma erano intervenuti su sei organi interni ed il mio fisico doveva imparare a vivere e lavorare in una nuova condizione.

In ospedale e nei primi mesi non ho potuto celebrare la s. Messa, ma ogni giorno ho potuto dire: “questo è il mio Corpo, offerto in sacrificio per voi e per tutti”. Ho unito la mia sofferenza a quella di Gesù, sapendo profondamente cosa volesse dire: ”completo nelle mie carni i patimenti di Cristo a favore della Chiesa e dell’umanità”.

Nella convalescenza ho avuto dei momenti molto difficili e dolorosi: crampi con intense fitte lancinanti e insopportabili alla “bocca dello stomaco”, che per fortuna duravano poco tempo. Ringrazio i medici che hanno trovato il giusto rimedio farmacologico.

Per due mesi sono stato con un filo di voce a causa di una paresi ad una corda vocale, dovuta al veloce intubamento che mi hanno fatto nella seconda operazione per salvarmi la vita. Avevo accettato anche l’idea di non poter cantare come prima. A giugno ho iniziato un percorso di logopedia per recuperare la voce, cosa questa che è avvenuta a fine ottobre. L’otorino che mi ha visitato ha constatato il perfetto recupero della corda vocale. Ora parlo bene e comincio anche a cantare.

Il 21 Maggio, festa del nostro Fondatore Sant’Eugenio de Mazenod, per la prima volta sono sceso nella nostra chiesa della Parrocchia di S. Nicolò da Tolentino per la concelebrazione. Cosa che poi ho continuato a fare quando mi sentivo in sufficienti forze.

A giugno ho iniziato la chemioterapia. Mi hanno detto che sarebbe durata per diversi mesi. L’ultima chemio l’ho fatta il 30 ottobre. In questo periodo per tre giorni a settimana sono stato in ospedale ed ho condiviso le sorti dei malati oncologici. Ho fatto file interminabili per aspettare i turni per le visite, i prelievi e poi le infusioni chemioterapiche. Ho ascoltato le angosce di molti ammalati, ho sostenuto le loro speranze incoraggiandoli ad avere fiducia. Giovani mamme, anziani, uomini e donne mature, tutti accomunati dalla medesima patologia. A sera, partecipando alla S. Messa presentavo al Signore le gioie e le sofferenze delle persone che incontravo ed ho pregato in modo particolare per quanti erano privi di speranza. A messa raccomandavo al Signore anche tutti i medici che mi hanno seguito: chirurghi, oncologi ed infermieri affinché mantenessero sempre quello spessore di umanità che li rende vicini ai pazienti.

Ora debbo gestire il diabete che è l’eredità dell’intervento. Il resto del pancreas non riesce a produrre sufficiente insulina, per cui 4 volte al giorno debbo iniettarmi l’insulina che serve al mio organismo. Fra alcuni mesi dovrò fare il prossimo controllo.

Sono cosciente d’aver ricevuto una “carezza dal Cielo”, perché possa continuare l’opera che il Signore mi ha affidato chiamandomi alla vita missionaria e sacerdotale.

 Palermo 31 ottobre 2020

                                                                       p. Sergio Natoli omi

 

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