sabato 2 agosto 2014

A chi apparteniamo?

A CHI APPARTENIAMO?
INCONTRO FORMAZIONE


1.             SIAMO TUTTI FIGLI DELLA TERRA

"Nel 1854 il presidente degli Stati Uniti, chiamato  il "Grande Bianco" di Washington, si offrì di acquistare una parte del territorio indiano e promise di istituirvi una "riserva" per il popolo indiano. Ecco la risposta del "Capo Seattle", considerata ancora oggi la più bella, la più profonda dichiarazione mai fatta sull'ambiente.
"Come potete acquistare o vendere il cielo, il calore della terra? L'idea ci sembra strana. Se noi non possediamo la freschezza dell'aria, lo scintillio dell'acqua sotto il sole come è  che voi potete acquistarli? Ogni parco di questa terra è sacro per il mio popolo. Ogni lucente ago di pino, ogni riva sabbiosa, ogni lembo di bruma dei boschi ombrosi, ogni radura ogni ronzio di insetti è sacro nel ricordo e nell'esperienza del mio popolo. La linfa che cola negli alberi porta con sé il ricordo dell'uomo rosso. Noi siamo una parte della terra, e la terra fa parte di noi. I fiori profumati sono i nostri fratelli, il cavallo, la grande aquila sono i nostri fratelli, la cresta rocciosa, il verde dei prati, il calore dei pony e l'uomo appartengono tutti alla stessa famiglia.
Quest'acqua scintillante che scorre nei torrenti e nei fiumi non è solamente acqua, per noi è qualcosa di immensamente significativo: è il sangue dei nostri padri.
I fiumi sono nostri fratelli, ci dissetano quando abbiamo sete. I fiumi sostengono le nostre canoe, sfamano i nostri figli. Se vi vendiamo le nostre terre, voi dovrete ricordarvi, e insegnarlo ai vostri figli, che i fiumi sono i nostri e i vostri fratelli e dovrete dimostrare per fiumi lo stesso affetto che dimostrerete ad un fratello. Sappiamo che l'uomo bianco non comprende i nostri costumi. Per lui una parte di terra è uguale all'altra, ... Tratta sua madre, la terra, e suo fratello, il cielo, come se fossero semplicemente delle cose da acquistare, prendere e vendere come si fa con i montoni o con le pietre preziose. Il suo appetito divorerà tutta la terra e a lui non resterà che il deserto. ...
Io sono un uomo rosso e non capisco. L'indiano preferisce il dolce suono del vento che slanciandosi come una freccia accarezza la faccia dello stagno, e preferisce l'odore del vento bagnato dalla pioggia mattutina, o profumato dal pino pieno di pigne. L'aria e' preziosa per l'uomo rosso, giacchè tutte le cose respirano con la stessa aria: le bestie, gli alberi, gli uomini tutti respirano la stesa aria. L'uomo bianco non sembra far caso all'aria che respira. Come un uomo che impiega parecchi giorni a morire resta insensibile alle punture. Ma se noi vendiamo le nostre terre, voi dovrete ricordare che l'aria per noi e' preziosa, che l'aria divide il suo spirito con tutti quelli che fa vivere.
Il vento che ha dato il primo alito al Nostro Grande Padre è lo stesso che ha raccolto il suo ultimo respiro. E se noi vi vendiamo le nostre terre voi dovrete guardarle in modo diverso, tenerle per sacre e considerarle un posto in cui anche l'uomo bianco possa andare a gustare il vento reso dolce dai fiori del prato. Considereremo l'offerta di acquistare le nostre terre.
Ma se decidiamo di accettare la proposta io porrò una condizione: l'uomo bianco dovrà rispettare le bestie che vivono su questa terra come se fossero suoi fratelli. Che cos'e' l'uomo senza le bestie?
Se tutte le bestie sparissero, l'uomo morirebbe di una grande solitudine nello spirito. Poiché ciò che accade alle bestie prima o poi accade anche all'uomo. Tutte le cose sono legate tra loro. Dovrete insegnare ai vostri figli che il suolo che essi calpestano e' fatto dalle ceneri dei nostri padri. ... Insegnate ai vostri figli quello che noi abbiamo insegnato ai nostri: la terra e' la madre di tutti noi. Tutto ciò che di buono arriva dalla terra arriva anche ai figli della terra. Se gli uomini sputano sulla terra, sputano su se stessi. Noi almeno sappiamo questo: la terra non appartiene all'uomo, bensì è l'uomo che appartiene alla terra. Questo noi lo sappiamo. Tutte le cose sono legate fra loro come il sangue che unisce i membri della stessa famiglia. Tutte le cose sono legate fra loro. Tutto ciò che si fa per la terra lo si fa per i suoi figli. Non e' l'uomo che ha tessuto le trame della vita: egli ne è soltanto un filo. Tutto ciò che egli fa alla trama lo fa a se stesso.
C'è una cosa che noi sappiamo e che forse l'uomo bianco scoprirà presto: il nostro Dio è lo stesso vostro Dio. Voi forse pensate che adesso lo possedete come volete possedere le nostre terre ma non lo potete. Egli è il Dio dell'uomo e la sua pietà è uguale per tutti: tanto per l'uomo bianco quanto per l'uomo rosso. Questa terra per lui è preziosa. Dov'è finito il bosco? E' scomparso. Dov'è finita l'aquila? E' scomparsa. E' la fine della vita e l'inizio della sopravvivenza".[1]

Alla fine del 1800 e nel 1900 le differenti tribù degli indiani accolsero il Vangelo, anche per merito dei Missionari Oblati di Maria Immacolata. Ricevettero la luce della Parola di Dio, che li illuminò ulteriormente sulla loro convinzione ancestrale che l'uomo è figlio della terra, della polvere e che tutto è armonia.
"Allora il Signore Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l'uomo divenne un essere vivente. Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l'uomo che aveva plasmato. Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, e l'albero della vita in mezzo al giardino e l'albero della conoscenza del bene e del male." (Gen 2,7-9)
"Con il sudore del tuo volto mangerai il pane, finché non ritornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere ritornerai!". (Gen 3,19)
Il rapporto dell'uomo con la terra è molto forte. In alcuni popoli i defunti, che vanno a vivere con gli antenati, vengono seppelliti all'interno della capanna principale del "carret", o in un'area vicina per esprimere che la vita conclusasi sulla terra, appartiene alla terra e continua a vegliare sui vivi nell'attesa del ricongiungimento nel mondo degli antenati.
S. Paolo, scrivendo ai corinzi mette in relazione l'uomo terrestre con l'uomo celeste, aprendo così una prospettiva sul futuro della vita:
"...il primo uomo, Adamo, divenne un essere vivente, ma l'ultimo Adamo divenne spirito datore di vita. Non vi fu prima il corpo spirituale, ma quello animale, e poi lo spirituale. Il primo uomo, tratto dalla terra, è fatto di terra; il secondo uomo viene dal cielo. 48Come è l'uomo terreno, così sono quelli di terra; e come è l'uomo celeste, così anche i celesti. 49E come eravamo simili all'uomo terreno, così saremo simili all'uomo celeste. (Cor 15,45-49)

2.             UNA SOLA FAMIGLIA UMANA
L'Apostolo Paolo parlando nell'areopago greco afferma:

"Il Dio che ha fatto il mondo e tutto ciò che contiene, che è Signore del cielo e della terra, non abita in templi costruiti da mani d'uomo né dalle mani dell'uomo si lascia servire come se avesse bisogno di qualche cosa: è lui che dà a tutti la vita e il respiro e ogni cosa. Egli creò da uno solo tutte le nazioni degli uomini, perché abitassero su tutta la faccia della terra." (At 17, 24-26)

Noi apparteniamo anche alla grande famiglia degli uomini.
Il S. Padre Benedetto XVI, nel messaggio per la 97° giornata mondiale del migrante e del rifugiato afferma che siamo

“Una sola famiglia umana”, una sola famiglia di fratelli e sorelle in società che si fanno sempre più multietniche e interculturali, dove anche le persone di varie religioni sono spinte al dialogo, perché si possa trovare una serena e fruttuosa convivenza nel rispetto delle legittime differenze. Il Concilio Vaticano II afferma che “tutti i popoli costituiscono una sola comunità. Essi hanno una sola origine poiché Dio ha fatto abitare l’intero genere umano su tutta la faccia della terra (cfr At 17,26); essi hanno anche un solo fine ultimo, Dio, del quale la provvidenza, la testimonianza di bontà e il disegno di salvezza si estendono a tutti” (Dich. Nostra aetate, 1). Così, noi “non viviamo gli uni accanto agli altri per caso; stiamo tutti percorrendo uno stesso cammino come uomini e quindi come fratelli e sorelle” (Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2008, 6).

Il mondo contemporaneo, orai immerso nel dinamismo della globalizzazione che rende interconnessi popoli e nazioni,  acquisisce una maggiore consapevolezza di questa unità del genere umano, attraverso i grandi temi dell'ecologia, della salvaguardia del creato, dell'equa distribuzione dei beni, dell'uso delle acque, delle guerre, etc. etc.
Inoltre constatiamo “la mancanza di fraternità tra gli uomini e tra i popoli” è causa profonda del sottosviluppo (cfr. Paolo VI, Enc. Populorum progressio, 66). La convivenza degli uomini nel medesimo territorio è fortemente minacciata e provoca gravi squilibri economici, ambientali producendo migrazioni forate di intere popolazioni da una parte all'altra del pianeta. Le migrazioni economiche e quelle forzate debbono interpellare tutti e renderci capaci di produrre delle risposte su piani e livelli diversi: da quello personale a quello politico-economico.

"In questo contesto, la presenza della Chiesa, quale popolo di Dio in cammino nella storia in mezzo a tutti gli altri popoli, è fonte di fiducia e di speranza. La Chiesa, infatti, è “in Cristo sacramento, ossia segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano” (Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 1); e, grazie all’azione in essa dello Spirito Santo, “gli sforzi intesi a realizzare la fraternità universale non sono vani” (Idem, Cost. past. Gaudium et spes, 38). E’ in modo particolare la santa Eucaristia a costituire, nel cuore della Chiesa, una sorgente inesauribile di comunione per l’intera umanità. Grazie ad essa, il Popolo di Dio abbraccia “ogni nazione, tribù, popolo e lingua” (Ap 7,9) non con una sorta di potere sacro, ma con il superiore servizio della carità. (Benedetto XVI, Messaggio per la 97° Giornata Mondiale dei Migranti e Rifugiati).

3.         UN SOLO CORPO DI CRISTO
L'appartenenza alla grande famiglia umana, passa attraverso l'appartenenza alla famiglia naturale, al padre alla madre, ai fratelli e sorelle e poi alla famiglia allargata dei parenti. Una convinzione che si esprime concretamente attraverso l'attenzione concreta ai bisogni primari ed attraverso la condivisione dei beni.

... Raguele ordinò alla moglie di fare pane in abbondanza; andò a prendere dalla mandria due vitelli e quattro montoni, li fece macellare e cominciarono così a preparare il banchetto. Poi chiamò Tobia e gli disse: "Per quattordici giorni non te ne andrai di qui, ma ti fermerai da me a mangiare e a bere e così allieterai l'anima già tanto afflitta di mia figlia Di quanto possiedo prenditi la metà e torna sano e salvo da tuo padre. Quando io e mia moglie saremo morti, anche l'altra metà sarà vostra. Coraggio, figlio! Io sono tuo padre ed Edna è tua madre; noi apparteniamo a te come a questa tua sorella, da ora per sempre. Coraggio, figlio!". (Tobia 8, 19-21).

L'appartenenza ad una famiglia naturale passa anche attraverso la condivisione dei beni immateriali, dei beni spirituali che sono trasmessi nell'ambito familiare.

...E quando la gente dirà: "C'è pace e sicurezza!", allora d'improvviso la rovina li colpirà, come le doglie una donna incinta; e non potranno sfuggire. Ma voi, fratelli, non siete nelle tenebre, cosicché quel giorno possa sorprendervi come un ladro. Infatti siete tutti figli della luce e figli del giorno; noi non apparteniamo alla notte, né alle tenebre. 6Non dormiamo dunque come gli altri, ma vigiliamo e siamo sobri. (1 Tessalonicesi 5, 3-6)

La partecipazione e l'appartenenza ad una famiglia,ad un gruppo, ad una comunità etnica, a volte  è assolutizzata. Si guarda solo nel proprio orticello e non si guarda, nè si vuole guardare al di là del proprio recinto, della propria comunità etnica, come se sulla faccia della terra non ci fosse una grande famiglia umana. Ciò produce chiusura mentale ed una visione concorrenziale della convivenza umana, con relative gelosie che non contribuiscono all'edificazione della convivenza umana ed ancor più della convivenza cristiana. E' quanto denuncia S. Paolo nella lettera alla comunità cristiana di Corinto.

...Vi esorto pertanto, fratelli, per il nome del Signore nostro Gesù Cristo, a essere tutti unanimi nel parlare, perché non vi siano divisioni tra voi, ma siate in perfetta unione di pensiero e di sentire. Infatti a vostro riguardo, fratelli, mi è stato segnalato dai familiari di Cloe che tra voi vi sono discordie. Mi riferisco al fatto che ciascuno di voi dice: "Io sono di Paolo", "Io invece sono di Apollo", "Io invece di Cefa", "E io di Cristo". È forse diviso il Cristo? Paolo è stato forse crocifisso per voi? O siete stati battezzati nel nome di Paolo? Ringrazio Dio di non avere battezzato nessuno di voi, eccetto Crispo e Gaio, ... (1 Corinzi 1, 10-14) 

Il superamento di ogni divisione e di ogni isolamento individuale e di gruppo avviene solo se ciascuno si lascia interpellare da Gesù Cristo che continua a chiamare ciascuno di noi, che continua a guardarci così come fece con Simone. Se ci lasciamo amare da Gesù e rispondiamo positivamente al suo amore, anche noi diverremo "pescatori di uomini".

...Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: "Abbiamo trovato il Messia" - che si traduce Cristo - e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: "Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa" - che significa Pietro. Il giorno dopo Gesù volle partire per la Galilea; trovò Filippo e gli disse: "Seguimi!". Filippo era di Betsàida, la città di Andrea e di Pietro. (Giovanni 1, 40-43)

L'adesione e l'appartenenza a Cristo è di tutti quelli che si asciano interpellare da Lui e dalla sua Parola, che vivono dei sacramenti.

"Guardate bene le cose in faccia: se qualcuno ha in se stesso la persuasione di appartenere a Cristo, si ricordi che, se lui è di Cristo, lo siamo anche noi. In realtà, anche se mi vantassi di più a causa della nostra autorità, che il Signore ci ha dato per vostra edificazione e non per vostra rovina, non avrò da vergognarmene. Non sembri che io voglia spaventarvi con le lettere! ... (2 Corinzi 10, 7-9).

L'adesione e l'appartenenza a Cristo ci fa vivere come membra vive del suo Corpo mistico. Avendo la medesima fede, diveniamo un solo Popolo di Dio, una sola Chiesa.

3.            UNA SOLA CHIESA
La nascita in una famiglia umana ci ha fatto divenire anche parte dell'unica famiglia umana. L'adesione a Cristo ed il battesimo ci hanno fatto divenire membra dell'unica famiglia dei figli di Dio. Il Concilio Vaticano II, nella Lumen Gentium parla della Chiesa come Corpo di Cristo.
Per capre meglio quest'affermazione ci soffermiamo sul racconto della conversione di Saulo, (cfr At 9,4-5) che poi sarà chiamato Paolo. Ce lo facciamo spiegare da Papa Francesco.

"Saulo è un persecutore dei cristiani, ma mentre sta percorrendo la strada che porta alla città di Damasco, improvvisamente una luce lo avvolge, cade a terra e sente una voce che gli dice «Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?». Lui domanda: «Chi sei, o Signore?», e quella voce risponde: «Io sono Gesù che tu perseguiti» (v. 3-5). Questa esperienza di san Paolo ci dice quanto sia profonda l’unione tra noi cristiani e Cristo stesso. Quando Gesù è salito al cielo non ci ha lasciati orfani, ma con il dono dello Spirito Santo l’unione con Lui è diventata ancora più intensa. Il Concilio Vaticano II afferma che Gesù «comunicando il suo Spirito, costituisce misticamente come suo corpo i suoi fratelli, chiamati da tutti i popoli» (Cost. dogm. Lumen gentium, 7).
L’immagine del corpo ci aiuta a capire questo profondo legame Chiesa-Cristo, che san Paolo ha sviluppato in modo particolare nella Prima Lettera ai Corinzi (cfr cap. 12). Anzitutto il corpo ci richiama ad una realtà viva. La Chiesa non è un’associazione assistenziale, culturale o politica, ma è un corpo vivente, che cammina e agisce nella storia. E questo corpo ha un capo, Gesù, che lo guida, lo nutre e lo sorregge. Questo è un punto che vorrei sottolineare: se si separa il capo dal resto del corpo, l’intera persona non può sopravvivere. Così è nella Chiesa: dobbiamo rimanere legati in modo sempre più intenso a Gesù. Ma non solo questo: come in un corpo è importante che passi la linfa vitale perché viva, così dobbiamo permettere che Gesù operi in noi, che la sua Parola ci guidi, che la sua presenza eucaristica ci nutra, ci animi, che il suo amore dia forza al nostro amare il prossimo. E questo sempre! Sempre, sempre! Cari fratelli e sorelle, rimaniamo uniti a Gesù, fidiamoci di Lui, orientiamo la nostra vita secondo il suo Vangelo, alimentiamoci con la preghiera quotidiana, l’ascolto della Parola di Dio, la partecipazione ai Sacramenti.
E qui vengo ad un secondo aspetto della Chiesa come Corpo di Cristo. San Paolo afferma che come le membra del corpo umano, pur differenti e numerose, formano un solo corpo, così tutti noi siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo (cfr 1Cor 12,12-13). Nella Chiesa quindi, c’è una varietà, una diversità di compiti e di funzioni; non c’è la piatta uniformità, ma la ricchezza dei doni che distribuisce lo Spirito Santo. Però c’è la comunione e l’unità: tutti sono in relazione gli uni con gli altri e tutti concorrono a formare un unico corpo vitale, profondamente legato a Cristo. Ricordiamolo bene: essere parte della Chiesa vuol dire essere uniti a Cristo e ricevere da Lui la vita divina che ci fa vivere come cristiani, vuol dire rimanere uniti al Papa e ai Vescovi che sono strumenti di unità e di comunione, e vuol dire anche imparare a superare personalismi e divisioni, a comprendersi maggiormente, ad armonizzare le varietà e le ricchezze di ciascuno; in una parola a voler più bene a Dio e alle persone che ci sono accanto, in famiglia, in parrocchia, nelle associazioni. Corpo e membra per vivere devono essere uniti! L’unità è superiore ai conflitti, sempre! I conflitti se non si sciolgono bene, ci separano tra di noi, ci separano da Dio. Il conflitto può aiutarci a crescere, ma anche può dividerci. Non andiamo sulla strada delle divisioni, delle lotte fra noi! Tutti uniti, tutti uniti con le nostre differenze, ma uniti, sempre: questa è la strada di Gesù. L'unità è superiore ai conflitti. L’unità è una grazia che dobbiamo chiedere al Signore perché ci liberi dalle tentazioni della divisione, delle lotte tra noi, degli egoismi, delle chiacchiere. Quanto male fanno le chiacchiere, quanto male! Mai chiacchierare degli altri, mai! Quanto danno arrecano alla Chiesa le divisioni tra i cristiani, l’essere di parte, gli interessi meschini!
Le divisioni tra noi, ma anche le divisioni fra le comunità: cristiani evangelici, cristiani ortodossi, cristiani cattolici, ma perché divisi? Dobbiamo cercare di portare l'unità. Vi racconto una cosa: oggi, prima di uscire da casa, sono stato quaranta minuti, più o meno, mezz'ora, con un Pastore evangelico e abbiamo pregato insieme, e cercato l'unità. Ma dobbiamo pregare fra noi cattolici e anche con gli altri cristiani, pregare perché il Signore ci doni l'unità, l'unità fra noi. Ma come avremo l'unità fra i cristiani se non siamo capaci di averla tra noi cattolici? Di averla nella famiglia? Quante famiglie lottano e si dividono! Cercate l'unità, l'unità che fa la Chiesa. L'unità viene da Gesù Cristo. Lui ci invia lo Spirito Santo per fare l'unità.
Cari fratelli e sorelle, chiediamo a Dio: aiutaci ad essere membra del Corpo della Chiesa sempre profondamente unite a Cristo; aiutaci a non far soffrire il Corpo della Chiesa con i nostri conflitti, le nostre divisioni, i nostri egoismi; aiutaci ad essere membra vive legate le une con le altre da un’unica forza, quella dell’amore, che lo Spirito Santo riversa nei nostri cuori (cfr Rm 5,5). (Papa Francesco, La Chiesa è il Corpo di Cristo,  Udienza Generale del 19 Giugno 2013)

4.         UN ARCOBALENO DI POPOLI COME "LUCE DEL MONDO"
Nella nostra società la convivenza degli uomini è costantemente minacciata dall'egoismo dell'uomo e dalle strutture di peccato che egli stesso costruisce. C'è una grande missione da compiere per cambiare il cuore dell'uomo! Quale vasto campo d'impegno missionario, scriveva Sant'Eugenio de Mazenod, Fondatore dei Missionari Oblati di Maria Immacolata.
Anche nella Chiesa vediamo situazioni di chiusura, di concorrenza e spesso di separazione. Ma anche un faticoso impegno per essere un solo popolo di Dio, per camminare nel'unità in comunione con il S. Padre.
Arcobaleno di Popoli è un'Associazione che vuole essere un segno di bellezza per la società e per la Chiesa. E’ un itinerario interculturale per:
*         rinnovare l’alleanza con la “luce vera che illumina ogni uomo”;
*         sperimentare la multiforme ricchezza delle diversità culturali;
*         esprimere con il canto la gioia e le difficoltà della vita.
*         condividere le speranze ed i progetti per un mondo migliore!
*         vivere un cammino interculturale cattolico nel medesimo territorio.
*         camminare nella pace insieme con altri.
Le attività che svolgiamo hanno una radice evangelica e trovano certezza nella preghiera che Gesù ha fatto per i discepoli di allora e per i futuri credenti, cioè per noi.

"Così parlò Gesù. Poi, alzàti gli occhi al cielo, disse: "Padre, è venuta l'ora: glorifica il Figlio tuo perché il Figlio glorifichi te. Tu gli hai dato potere su ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato. Questa è la vita eterna: che conoscano te, l'unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo.  Io ti ho glorificato sulla terra, compiendo l'opera che mi hai dato da fare.  E ora, Padre, glorificami davanti a te con quella gloria che io avevo presso di te prima che il mondo fosse.
Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me, ed essi hanno osservato la tua parola. Ora essi sanno che tutte le cose che mi hai dato vengono da te, perché le parole che hai dato a me io le ho date a loro. Essi le hanno accolte e sanno veramente che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato. 
Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che tu mi hai dato, perché sono tuoi. Tutte le cose mie sono tue, e le tue sono mie, e io sono glorificato in loro. Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te. Padre santo, custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato, perché siano una sola cosa, come noi.
Quand'ero con loro, io li custodivo nel tuo nome, quello che mi hai dato, e li ho conservati, e nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si compisse la Scrittura. Ma ora io vengo a te e dico questo mentre sono nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia. Io ho dato loro la tua parola e il mondo li ha odiati, perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo.
Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li custodisca dal Maligno. Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Consacrali nella verità. La tua parola è verità. Come tu hai mandato me nel mondo, anche io ho mandato loro nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché siano anch'essi consacrati nella verità.
Non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola: perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato.
E la gloria che tu hai dato a me, io l'ho data a loro, perché siano una sola cosa come noi siamo una sola cosa. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell'unità e il mondo conosca che tu mi hai mandato e che li hai amati come hai amato me.
Padre, voglio che quelli che mi hai dato siano anch'essi con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che tu mi hai dato; poiché mi hai amato prima della creazione del mondo.
Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto, e questi hanno conosciuto che tu mi hai mandato. E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l'amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro". (Gv 17,1-26)

La missione dei Arcobaleno di popoli è la medesima missione di Gesù, è la medesima missione della Chiesa. La sua specificità è la sua connotazione interculturale. Il Vangelo non si identifica con alcuna cultura ma le vivifica tutte, innervandole dell'Amore che è lo Spirito Santo. L'adesione personale al Vangelo ci permette di esprimere l'unità della medesima fede attraverso le diversità delle espressioni culturali.
La nostra "Mission" nei confronti della Chiesa, allora, è contribuire con le nostre diversità, a dare visibilità alla "cattolicità della chiesa particolare" perché tutti insieme possiamo essere segno profetico ed "in qualche misura anticipazione prefiguratrice della città senza barriere di Dio” (Benedetto XVI, Enc. Caritas in veritate, 7).
Nei confronti della società in cui si vive e si lavora, “non viviamo gli uni accanto agli altri per caso; stiamo tutti percorrendo uno stesso cammino come uomini e quindi come fratelli e sorelle” (Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2008, 6).

Villa Chiaretta, Polizzi 2 Agosto 2014




[1] Scritto da: Fabio De Benedetto e Daniele Palo, addetti a PeaceLink, classe 2° C dell'Istituto Alberghiero di Leporano (TA), IN http://www.edscuola.it/archivio/interlinea/terra.html

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