A CHI APPARTENIAMO?
INCONTRO FORMAZIONE
1.
SIAMO
TUTTI FIGLI DELLA TERRA
"Nel 1854 il presidente degli Stati Uniti, chiamato il "Grande Bianco" di
Washington, si offrì di acquistare una parte del territorio indiano e promise
di istituirvi una "riserva" per il popolo indiano. Ecco la risposta
del "Capo Seattle", considerata ancora oggi la più bella, la più
profonda dichiarazione mai fatta sull'ambiente.
"Come potete acquistare o
vendere il cielo, il calore della terra? L'idea ci sembra strana. Se noi non
possediamo la freschezza dell'aria, lo scintillio dell'acqua sotto il sole come
è che voi potete acquistarli? Ogni
parco di questa terra è sacro per il mio popolo. Ogni lucente ago di pino, ogni
riva sabbiosa, ogni lembo di bruma dei boschi ombrosi, ogni radura ogni ronzio
di insetti è sacro nel ricordo e nell'esperienza del mio popolo. La linfa che
cola negli alberi porta con sé il ricordo dell'uomo rosso. Noi siamo una parte
della terra, e la terra fa parte di noi. I fiori profumati sono i nostri
fratelli, il cavallo, la grande aquila sono i nostri fratelli, la cresta
rocciosa, il verde dei prati, il calore dei pony e l'uomo appartengono tutti
alla stessa famiglia.
Quest'acqua scintillante che scorre
nei torrenti e nei fiumi non è solamente acqua, per noi è qualcosa di
immensamente significativo: è il sangue dei nostri padri.
I fiumi sono nostri fratelli, ci
dissetano quando abbiamo sete. I fiumi sostengono le nostre canoe, sfamano i
nostri figli. Se vi vendiamo le nostre terre, voi dovrete ricordarvi, e
insegnarlo ai vostri figli, che i fiumi sono i nostri e i vostri fratelli e
dovrete dimostrare per fiumi lo stesso affetto che dimostrerete ad un fratello.
Sappiamo che l'uomo bianco non comprende i nostri costumi. Per lui una parte di
terra è uguale all'altra, ... Tratta sua madre, la terra, e suo fratello, il
cielo, come se fossero semplicemente delle cose da acquistare, prendere e
vendere come si fa con i montoni o con le pietre preziose. Il suo appetito
divorerà tutta la terra e a lui non resterà che il deserto. ...
Io sono un uomo rosso e non
capisco. L'indiano preferisce il dolce suono del vento che slanciandosi come
una freccia accarezza la faccia dello stagno, e preferisce l'odore del vento
bagnato dalla pioggia mattutina, o profumato dal pino pieno di pigne. L'aria e'
preziosa per l'uomo rosso, giacchè tutte le cose respirano con la stessa aria:
le bestie, gli alberi, gli uomini tutti respirano la stesa aria. L'uomo bianco
non sembra far caso all'aria che respira. Come un uomo che impiega parecchi
giorni a morire resta insensibile alle punture. Ma se noi vendiamo le nostre
terre, voi dovrete ricordare che l'aria per noi e' preziosa, che l'aria divide
il suo spirito con tutti quelli che fa vivere.
Il vento che ha dato il primo alito
al Nostro Grande Padre è lo stesso che ha raccolto il suo ultimo respiro. E se
noi vi vendiamo le nostre terre voi dovrete guardarle in modo diverso, tenerle
per sacre e considerarle un posto in cui anche l'uomo bianco possa andare a
gustare il vento reso dolce dai fiori del prato. Considereremo l'offerta di
acquistare le nostre terre.
Ma se decidiamo di accettare la
proposta io porrò una condizione: l'uomo bianco dovrà rispettare le bestie che
vivono su questa terra come se fossero suoi fratelli. Che cos'e' l'uomo senza
le bestie?
Se tutte le bestie sparissero,
l'uomo morirebbe di una grande solitudine nello spirito. Poiché ciò che accade
alle bestie prima o poi accade anche all'uomo. Tutte le cose sono legate tra
loro. Dovrete insegnare ai vostri figli che il suolo che essi calpestano e'
fatto dalle ceneri dei nostri padri. ... Insegnate ai vostri figli quello che
noi abbiamo insegnato ai nostri: la terra e' la madre di tutti noi. Tutto ciò
che di buono arriva dalla terra arriva anche ai figli della terra. Se gli
uomini sputano sulla terra, sputano su se stessi. Noi almeno sappiamo questo: la terra non appartiene all'uomo, bensì è
l'uomo che appartiene alla terra. Questo noi lo sappiamo. Tutte le cose
sono legate fra loro come il sangue che unisce i membri della stessa famiglia.
Tutte le cose sono legate fra loro. Tutto ciò che si fa per la terra lo si fa
per i suoi figli. Non e' l'uomo che ha tessuto le trame della vita: egli ne è
soltanto un filo. Tutto ciò che egli fa alla trama lo fa a se stesso.
C'è una cosa che noi sappiamo e che
forse l'uomo bianco scoprirà presto: il nostro Dio è lo stesso vostro Dio. Voi
forse pensate che adesso lo possedete come volete possedere le nostre terre ma
non lo potete. Egli è il Dio dell'uomo e la sua pietà è uguale per tutti: tanto
per l'uomo bianco quanto per l'uomo rosso. Questa terra per lui è preziosa.
Dov'è finito il bosco? E' scomparso. Dov'è finita l'aquila? E' scomparsa. E' la
fine della vita e l'inizio della sopravvivenza".[1]
Alla fine del 1800 e nel 1900 le
differenti tribù degli indiani accolsero il Vangelo, anche per merito dei
Missionari Oblati di Maria Immacolata. Ricevettero la luce della Parola di Dio,
che li illuminò ulteriormente sulla loro convinzione ancestrale che l'uomo è
figlio della terra, della polvere e che tutto è armonia.
"Allora il Signore Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo e soffiò
nelle sue narici un alito di vita e l'uomo divenne un essere vivente. Poi il
Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l'uomo che
aveva plasmato. Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi
graditi alla vista e buoni da mangiare, e l'albero della vita in mezzo al
giardino e l'albero della conoscenza del bene e del male." (Gen 2,7-9)
"Con il
sudore del tuo volto mangerai il pane, finché non ritornerai alla terra, perché
da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere ritornerai!". (Gen
3,19)
Il rapporto dell'uomo con la terra è molto forte. In alcuni
popoli i defunti, che vanno a vivere con gli antenati, vengono seppelliti
all'interno della capanna principale del "carret", o in un'area
vicina per esprimere che la vita conclusasi sulla terra, appartiene alla terra
e continua a vegliare sui vivi nell'attesa del ricongiungimento nel mondo degli
antenati.
S. Paolo, scrivendo ai corinzi mette in relazione l'uomo
terrestre con l'uomo celeste, aprendo così una prospettiva sul futuro della
vita:
"...il primo uomo, Adamo, divenne un essere
vivente, ma l'ultimo Adamo divenne spirito datore di vita. Non vi fu
prima il corpo spirituale, ma quello animale, e poi lo spirituale. Il
primo uomo, tratto dalla terra, è fatto di terra; il secondo uomo viene dal
cielo. 48Come è l'uomo terreno, così sono quelli di
terra; e come è l'uomo celeste, così anche i celesti. 49E
come eravamo simili all'uomo terreno, così saremo simili all'uomo celeste. (Cor
15,45-49)
2.
UNA
SOLA FAMIGLIA UMANA
L'Apostolo Paolo parlando nell'areopago greco afferma:
"Il Dio che ha fatto il mondo e tutto ciò che contiene, che è
Signore del cielo e della terra, non abita in templi costruiti da mani d'uomo né
dalle mani dell'uomo si lascia servire come se avesse bisogno di qualche cosa:
è lui che dà a tutti la vita e il respiro e ogni cosa. Egli creò da uno solo
tutte le nazioni degli uomini, perché abitassero su tutta la faccia della
terra." (At 17, 24-26)
Noi apparteniamo anche alla grande famiglia degli uomini.
Il S. Padre Benedetto XVI, nel messaggio per la 97° giornata
mondiale del migrante e del rifugiato afferma che siamo
“Una sola famiglia umana”, una sola famiglia di fratelli e sorelle in
società che si fanno sempre più multietniche e interculturali, dove anche le
persone di varie religioni sono spinte al dialogo, perché si possa trovare una
serena e fruttuosa convivenza nel rispetto delle legittime differenze. Il Concilio
Vaticano II afferma che “tutti i popoli costituiscono una sola
comunità. Essi hanno una sola origine poiché Dio ha fatto abitare l’intero
genere umano su tutta la faccia della terra (cfr At 17,26); essi
hanno anche un solo fine ultimo, Dio, del quale la provvidenza, la
testimonianza di bontà e il disegno di salvezza si estendono a tutti”
(Dich. Nostra aetate,
1). Così, noi “non viviamo gli uni accanto agli altri per caso; stiamo tutti
percorrendo uno stesso cammino come uomini e quindi come fratelli e sorelle” (Messaggio per
la Giornata Mondiale della Pace 2008, 6).
Il mondo contemporaneo, orai
immerso nel dinamismo della globalizzazione che rende interconnessi popoli e
nazioni, acquisisce una maggiore
consapevolezza di questa unità del genere umano, attraverso i grandi temi
dell'ecologia, della salvaguardia del creato, dell'equa distribuzione dei beni,
dell'uso delle acque, delle guerre, etc. etc.
Inoltre constatiamo “la mancanza
di fraternità tra gli uomini e tra i popoli” è causa profonda del sottosviluppo
(cfr. Paolo VI, Enc. Populorum
progressio, 66). La convivenza degli uomini nel medesimo territorio
è fortemente minacciata e provoca gravi squilibri economici, ambientali
producendo migrazioni forate di intere popolazioni da una parte all'altra del
pianeta. Le migrazioni economiche e quelle forzate debbono interpellare tutti e
renderci capaci di produrre delle risposte su piani e livelli diversi: da
quello personale a quello politico-economico.
"In questo contesto, la presenza della Chiesa, quale popolo di Dio
in cammino nella storia in mezzo a tutti gli altri popoli, è fonte di fiducia e
di speranza. La Chiesa, infatti, è “in Cristo sacramento, ossia segno e
strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano” (Conc.
Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium,
1); e, grazie all’azione in essa dello Spirito Santo, “gli sforzi intesi a realizzare
la fraternità universale non sono vani” (Idem, Cost. past. Gaudium et
spes, 38). E’ in modo particolare la santa Eucaristia a costituire,
nel cuore della Chiesa, una sorgente inesauribile di comunione per l’intera
umanità. Grazie ad essa, il Popolo di Dio abbraccia “ogni nazione, tribù,
popolo e lingua” (Ap 7,9) non con una sorta di potere sacro, ma con il superiore
servizio della carità. (Benedetto XVI, Messaggio per la 97° Giornata Mondiale
dei Migranti e Rifugiati).
3.
UN
SOLO CORPO DI CRISTO
L'appartenenza alla grande
famiglia umana, passa attraverso l'appartenenza alla famiglia naturale, al
padre alla madre, ai fratelli e sorelle e poi alla famiglia allargata dei
parenti. Una convinzione che si esprime concretamente attraverso l'attenzione
concreta ai bisogni primari ed attraverso la condivisione dei beni.
... Raguele ordinò alla moglie di fare pane in abbondanza; andò a
prendere dalla mandria due vitelli e quattro montoni, li fece macellare e
cominciarono così a preparare il banchetto. Poi chiamò
Tobia e gli disse: "Per quattordici giorni non te ne andrai di qui, ma ti
fermerai da me a mangiare e a bere e così allieterai l'anima già tanto afflitta
di mia figlia Di quanto possiedo prenditi la metà e torna sano e salvo da tuo
padre. Quando io e mia moglie saremo morti, anche l'altra metà sarà vostra.
Coraggio, figlio! Io sono tuo padre ed Edna è tua madre; noi apparteniamo a te
come a questa tua sorella, da ora per sempre. Coraggio, figlio!". (Tobia
8, 19-21).
L'appartenenza ad una famiglia
naturale passa anche attraverso la condivisione dei beni immateriali, dei beni
spirituali che sono trasmessi nell'ambito familiare.
...E quando la gente dirà: "C'è pace e sicurezza!", allora
d'improvviso la rovina li colpirà, come le doglie una donna incinta; e non
potranno sfuggire. Ma voi, fratelli, non siete nelle tenebre, cosicché quel
giorno possa sorprendervi come un ladro. Infatti siete
tutti figli della luce e figli del giorno; noi non apparteniamo alla notte, né
alle tenebre. 6Non dormiamo dunque come gli altri, ma
vigiliamo e siamo sobri. (1 Tessalonicesi 5, 3-6)
La partecipazione e l'appartenenza ad una famiglia,ad un gruppo, ad una
comunità etnica, a volte è
assolutizzata. Si guarda solo nel proprio orticello e non si guarda, nè si
vuole guardare al di là del proprio recinto, della propria comunità etnica,
come se sulla faccia della terra non ci fosse una grande famiglia umana. Ciò
produce chiusura mentale ed una visione concorrenziale della convivenza umana,
con relative gelosie che non contribuiscono all'edificazione della convivenza
umana ed ancor più della convivenza cristiana. E' quanto denuncia S. Paolo
nella lettera alla comunità cristiana di Corinto.
...Vi esorto pertanto,
fratelli, per il nome del Signore nostro Gesù Cristo, a essere tutti unanimi
nel parlare, perché non vi siano divisioni tra voi, ma siate in perfetta unione
di pensiero e di sentire. Infatti a vostro riguardo,
fratelli, mi è stato segnalato dai familiari di Cloe che tra voi vi sono
discordie. Mi riferisco al fatto che ciascuno di voi dice: "Io sono di
Paolo", "Io invece sono di Apollo", "Io invece di
Cefa", "E io di Cristo". È forse diviso il Cristo? Paolo è stato
forse crocifisso per voi? O siete stati battezzati nel nome di
Paolo? Ringrazio Dio di non avere battezzato nessuno di voi, eccetto
Crispo e Gaio, ... (1 Corinzi 1, 10-14)
Il superamento di ogni divisione
e di ogni isolamento individuale e di gruppo avviene solo se ciascuno si lascia
interpellare da Gesù Cristo che continua a chiamare ciascuno di noi, che
continua a guardarci così come fece con Simone. Se ci lasciamo amare da Gesù e
rispondiamo positivamente al suo amore, anche noi diverremo "pescatori di
uomini".
...Uno dei due che avevano
udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon
Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: "Abbiamo
trovato il Messia" - che si traduce Cristo - e lo condusse da Gesù.
Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: "Tu sei Simone, il figlio di
Giovanni; sarai chiamato Cefa" - che significa Pietro. Il giorno dopo Gesù
volle partire per la Galilea; trovò Filippo e gli disse: "Seguimi!". Filippo
era di Betsàida, la città di Andrea e di Pietro. (Giovanni 1, 40-43)
L'adesione e l'appartenenza a Cristo è
di tutti quelli che si asciano interpellare da Lui e dalla sua Parola, che
vivono dei sacramenti.
"Guardate bene le cose
in faccia: se qualcuno ha in se stesso la persuasione di appartenere a Cristo,
si ricordi che, se lui è di Cristo, lo siamo anche noi. In
realtà, anche se mi vantassi di più a causa della nostra autorità, che il
Signore ci ha dato per vostra edificazione e non per vostra rovina, non avrò da
vergognarmene. Non sembri che io voglia spaventarvi con le lettere! ... (2
Corinzi 10, 7-9).
L'adesione e l'appartenenza a
Cristo ci fa vivere come membra vive del suo Corpo mistico. Avendo la medesima
fede, diveniamo un solo Popolo di Dio, una sola Chiesa.
3. UNA
SOLA CHIESA
La nascita in una famiglia umana
ci ha fatto divenire anche parte dell'unica famiglia umana. L'adesione a Cristo
ed il battesimo ci hanno fatto divenire membra dell'unica famiglia dei figli di
Dio. Il Concilio Vaticano II, nella Lumen Gentium parla della Chiesa come Corpo
di Cristo.
Per capre meglio
quest'affermazione ci soffermiamo sul racconto della conversione di Saulo, (cfr At 9,4-5) che poi sarà chiamato Paolo. Ce lo facciamo spiegare
da Papa Francesco.
"Saulo è un persecutore dei cristiani, ma mentre sta percorrendo
la strada che porta alla città di Damasco, improvvisamente una luce lo avvolge,
cade a terra e sente una voce che gli dice «Saulo, Saulo, perché mi
perseguiti?». Lui domanda: «Chi sei, o Signore?», e quella voce risponde: «Io
sono Gesù che tu perseguiti» (v. 3-5). Questa esperienza di san Paolo ci dice
quanto sia profonda l’unione tra noi cristiani e Cristo stesso. Quando Gesù è
salito al cielo non ci ha lasciati orfani, ma con il dono dello Spirito Santo
l’unione con Lui è diventata ancora più intensa. Il Concilio Vaticano II
afferma che Gesù «comunicando il suo Spirito, costituisce misticamente come suo
corpo i suoi fratelli, chiamati da tutti i popoli» (Cost. dogm. Lumen gentium,
7).
L’immagine del corpo ci aiuta a capire questo profondo legame
Chiesa-Cristo, che san Paolo ha sviluppato in modo particolare nella Prima
Lettera ai Corinzi (cfr cap. 12). Anzitutto il corpo ci richiama ad una realtà
viva. La Chiesa non è un’associazione assistenziale, culturale o politica, ma è
un corpo vivente, che cammina e agisce nella storia. E questo corpo ha un capo,
Gesù, che lo guida, lo nutre e lo sorregge. Questo è un punto che vorrei
sottolineare: se si separa il capo dal resto del corpo, l’intera persona non
può sopravvivere. Così è nella Chiesa: dobbiamo rimanere legati in modo sempre
più intenso a Gesù. Ma non solo questo: come in un corpo è importante che passi
la linfa vitale perché viva, così dobbiamo permettere che Gesù operi in noi,
che la sua Parola ci guidi, che la sua presenza eucaristica ci nutra, ci animi,
che il suo amore dia forza al nostro amare il prossimo. E questo sempre!
Sempre, sempre! Cari fratelli e sorelle, rimaniamo uniti a Gesù, fidiamoci di
Lui, orientiamo la nostra vita secondo il suo Vangelo, alimentiamoci con la
preghiera quotidiana, l’ascolto della Parola di Dio, la partecipazione ai
Sacramenti.
E qui vengo ad un secondo aspetto della Chiesa come Corpo di Cristo.
San Paolo afferma che come le membra del corpo umano, pur differenti e
numerose, formano un solo corpo, così tutti noi siamo stati battezzati mediante
un solo Spirito in un solo corpo (cfr 1Cor 12,12-13). Nella Chiesa quindi, c’è
una varietà, una diversità di compiti e di funzioni; non c’è la piatta
uniformità, ma la ricchezza dei doni che distribuisce lo Spirito Santo. Però
c’è la comunione e l’unità: tutti sono in relazione gli uni con gli altri e
tutti concorrono a formare un unico corpo vitale, profondamente legato a
Cristo. Ricordiamolo bene: essere parte della Chiesa vuol dire essere uniti a
Cristo e ricevere da Lui la vita divina che ci fa vivere come cristiani, vuol
dire rimanere uniti al Papa e ai Vescovi che sono strumenti di unità e di
comunione, e vuol dire anche imparare a superare personalismi e divisioni, a
comprendersi maggiormente, ad armonizzare le varietà e le ricchezze di
ciascuno; in una parola a voler più bene a Dio e alle persone che ci sono
accanto, in famiglia, in parrocchia, nelle associazioni. Corpo e membra per
vivere devono essere uniti! L’unità è superiore ai conflitti, sempre! I
conflitti se non si sciolgono bene, ci separano tra di noi, ci separano da Dio.
Il conflitto può aiutarci a crescere, ma anche può dividerci. Non andiamo sulla
strada delle divisioni, delle lotte fra noi! Tutti uniti, tutti uniti con le
nostre differenze, ma uniti, sempre: questa è la strada di Gesù. L'unità è
superiore ai conflitti. L’unità è una grazia che dobbiamo chiedere al Signore
perché ci liberi dalle tentazioni della divisione, delle lotte tra noi, degli
egoismi, delle chiacchiere. Quanto male fanno le chiacchiere, quanto male! Mai
chiacchierare degli altri, mai! Quanto danno arrecano alla Chiesa le divisioni
tra i cristiani, l’essere di parte, gli interessi meschini!
Le divisioni tra noi, ma anche le divisioni fra le comunità: cristiani
evangelici, cristiani ortodossi, cristiani cattolici, ma perché divisi?
Dobbiamo cercare di portare l'unità. Vi racconto una cosa: oggi, prima di
uscire da casa, sono stato quaranta minuti, più o meno, mezz'ora, con un
Pastore evangelico e abbiamo pregato insieme, e cercato l'unità. Ma dobbiamo
pregare fra noi cattolici e anche con gli altri cristiani, pregare perché il
Signore ci doni l'unità, l'unità fra noi. Ma come avremo l'unità fra i
cristiani se non siamo capaci di averla tra noi cattolici? Di averla nella
famiglia? Quante famiglie lottano e si dividono! Cercate l'unità, l'unità che
fa la Chiesa. L'unità viene da Gesù Cristo. Lui ci invia lo Spirito Santo per
fare l'unità.
Cari fratelli e sorelle, chiediamo a Dio: aiutaci ad essere membra del
Corpo della Chiesa sempre profondamente unite a Cristo; aiutaci a non far
soffrire il Corpo della Chiesa con i nostri conflitti, le nostre divisioni, i
nostri egoismi; aiutaci ad essere membra vive legate le une con le altre da
un’unica forza, quella dell’amore, che lo Spirito Santo riversa nei nostri
cuori (cfr Rm 5,5). (Papa Francesco, La Chiesa è il Corpo di Cristo, Udienza Generale del 19 Giugno 2013)
4.
UN
ARCOBALENO DI POPOLI COME "LUCE DEL MONDO"
Nella nostra società la
convivenza degli uomini è costantemente minacciata dall'egoismo dell'uomo e
dalle strutture di peccato che egli stesso costruisce. C'è una grande missione
da compiere per cambiare il cuore dell'uomo! Quale vasto campo d'impegno
missionario, scriveva Sant'Eugenio de Mazenod, Fondatore dei Missionari Oblati
di Maria Immacolata.
Anche nella Chiesa vediamo
situazioni di chiusura, di concorrenza e spesso di separazione. Ma anche un
faticoso impegno per essere un solo popolo di Dio, per camminare nel'unità in
comunione con il S. Padre.
Arcobaleno di Popoli è
un'Associazione che vuole essere un segno di bellezza per la società e per la
Chiesa. E’ un itinerario interculturale
per:
rinnovare l’alleanza con la “luce vera che illumina ogni uomo”;
sperimentare la multiforme ricchezza delle
diversità culturali;
esprimere con il canto la gioia e le difficoltà
della vita.
condividere le speranze ed i progetti per un
mondo migliore!
vivere un cammino interculturale cattolico nel
medesimo territorio.
camminare nella pace insieme con altri.
Le attività che svolgiamo hanno una radice evangelica e
trovano certezza nella preghiera che Gesù ha fatto per i discepoli di allora e
per i futuri credenti, cioè per noi.
"Così parlò Gesù. Poi, alzàti gli occhi al cielo, disse:
"Padre, è venuta l'ora: glorifica il Figlio tuo perché il Figlio
glorifichi te. Tu gli hai dato potere su ogni essere umano, perché egli dia la
vita eterna a tutti coloro che gli hai dato. Questa è la vita eterna: che
conoscano te, l'unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo. Io
ti ho glorificato sulla terra, compiendo l'opera che mi hai dato da fare.
E ora, Padre, glorificami davanti a te con quella gloria che io avevo presso di
te prima che il mondo fosse.
Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano
tuoi e li hai dati a me, ed essi hanno osservato la tua parola. Ora essi
sanno che tutte le cose che mi hai dato vengono da te, perché le parole
che hai dato a me io le ho date a loro. Essi le hanno accolte e sanno veramente
che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato.
Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che tu mi hai
dato, perché sono tuoi. Tutte le cose mie sono tue, e le tue sono mie, e io
sono glorificato in loro. Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel
mondo, e io vengo a te. Padre santo, custodiscili nel tuo nome, quello che mi
hai dato, perché siano una sola cosa, come noi.
Quand'ero con loro, io li custodivo nel tuo nome, quello che mi hai
dato, e li ho conservati, e nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio
della perdizione, perché si compisse la Scrittura. Ma ora io vengo a te e dico
questo mentre sono nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia
gioia. Io ho dato loro la tua parola e il mondo li ha odiati, perché essi
non sono del mondo, come io non sono del mondo.
Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li custodisca dal
Maligno. Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Consacrali nella
verità. La tua parola è verità. Come tu hai mandato me nel mondo, anche io ho mandato
loro nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché siano anch'essi
consacrati nella verità.
Non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me
mediante la loro parola: perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei
in me e io in te, siano anch'essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai
mandato.
E la gloria che tu hai dato a me, io l'ho data a loro, perché siano una
sola cosa come noi siamo una sola cosa. Io in loro e tu in me, perché
siano perfetti nell'unità e il mondo conosca che tu mi hai mandato e che li hai
amati come hai amato me.
Padre, voglio che quelli che mi hai dato siano anch'essi con me dove
sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che tu mi hai dato; poiché mi
hai amato prima della creazione del mondo.
Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto, e
questi hanno conosciuto che tu mi hai mandato. E io ho fatto conoscere loro il
tuo nome e lo farò conoscere, perché l'amore con il quale mi hai amato sia in
essi e io in loro". (Gv 17,1-26)
La missione dei Arcobaleno di
popoli è la medesima missione di Gesù, è la medesima missione della Chiesa. La
sua specificità è la sua connotazione interculturale. Il Vangelo non si
identifica con alcuna cultura ma le vivifica tutte, innervandole dell'Amore che
è lo Spirito Santo. L'adesione personale al Vangelo ci permette di esprimere
l'unità della medesima fede attraverso le diversità delle espressioni
culturali.
La nostra "Mission" nei confronti della Chiesa, allora, è
contribuire con le nostre diversità, a dare visibilità alla "cattolicità
della chiesa particolare" perché tutti insieme possiamo essere segno
profetico ed "in qualche misura anticipazione prefiguratrice della città
senza barriere di Dio” (Benedetto XVI, Enc. Caritas in
veritate, 7).
Nei confronti della società in cui si vive e si lavora, “non
viviamo gli uni accanto agli altri per caso; stiamo tutti percorrendo uno
stesso cammino come uomini e quindi come fratelli e sorelle” (Messaggio per
la Giornata Mondiale della Pace 2008, 6).
Villa Chiaretta, Polizzi 2 Agosto 2014
[1] Scritto da: Fabio De Benedetto e Daniele Palo,
addetti a PeaceLink, classe 2° C dell'Istituto Alberghiero di Leporano (TA), IN
http://www.edscuola.it/archivio/interlinea/terra.html
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