martedì 16 giugno 2009

I colori della solidarietà

"Spero che queste iniziative così interessanti possano toccare il cuore degli uomini che non sanno cosa significhi soffrire". "Ci avete colorato l'anima con i colori della solidarietà". "Bellissima mostra, ricca di significati che ci permettono di vedere i colori di un mondo spesso dimenticato. Bravissimi". Sono alcune delle impressioni, scritte nel libro dei visitatori della mostra di pittura degli alunni del Liceo Artistico "E. Catalano" di Palermo, dal titolo significativo "I colori della solidarietà".
La mostra è la conclusione di un progetto di educazione alla mondialità ed alla solidarietà promosso dalla docente di religione cattolica professoressa Maria Assunta Palermo, coadiuvata dal docente di letteratura italiana prof. Pietro Carmicio e dal docente di discipline pittoriche prof. Salvatore Messina. Al progetto hanno partecipato anche i responsabili dell'Ufficio Migrantes dell'Arcidiocesi di Palermo.
L'esposizione si è tenuta nel chiostro di S. Domenico dal 5 al 10 Giugno 2009.
I quadri realizzati esprimono la sensibilità dei giovani per i temi collegati allo sviluppo e della "negritudine" espressi da poeti africani, tra cui Leopold Sédar Senghor.
La vendita delle opere d'arte contribuirà alla realizzazione di una scuola per 1.200 bambini da costruire a Farim in Guinea Bissau. La scuola si chiamerà "la casa del sole": è un auspicio perché nella vita di tanti bambini sorga il sole dell'istruzione.
Ecco come è stata presentata l’iniziativa in una brochure curata dai medesimi alunni.

“Quando mi è stato chiesto di partecipare al progetto di educazione alla mondialità che alcuni docenti del Liceo artistico “E. Catalano” di Palermo intendevano portare avanti, non pensavo minimamente quali sviluppi avrebbe potuto avere. Come persona che ha messo in gioco la propria vita nel servizio, trasmettere alle nuove generazioni i valori della solidarietà, in un’ottica globalizzata è sempre un continuo stimolo a trovare modi e forme diverse di trasmissione di questo e di altri valori.
Abbiamo sotto gli occhi le conseguenze del crollo di un’economia capitalistica che ha prodotto maggiore squilibrio tra i ricchi ed i poveri, tra il Nord del mondo – di cui sentiamo continuamente il pianto e le relative rassicurazioni che la crisi è già passata – ed il Sud del mondo. Di quest’ultimo mondo – formato dai tre quarti dell’umanità – non si sente se non qualche piccolo lamento perché inesauribilmente e nel silenzio continuano a morire di fame, di denutrizione e di malattie un bambino ogni secondo; 60 bambini ogni minuto; 3.600 bambini ogni ora.
Non è possibile che i 3/4 delle risorse del mondo siano consumate solo da un quarto dei popoli della terra. E’ necessario vivere, pensare, produrre, avendo dinanzi tutta l’umanità, tutta la terra, in qualche modo il bene di tutti.
E’ tempo ormai di uscire dalla logica dell’autosufficienza individuale, delle nazioni o di gruppi di potere, per muoverci sempre più nella logica dell’interdipendenza. La solidarietà va globalizzata!
Educare le nuove generazioni alla solidarietà, allora, non è un “opzional”, ma una strada senza ritorno! E ciò lo vediamo con i nostri occhi, non solo in rapporto ai Paesi in via di sviluppo, ma anche nel nostro territorio, nella nostra città dove la presenza dei migranti è giunta al 3% della popolazione. La prospettiva verso cui andiamo è quella di una società multiculturale nel medesimo territorio.
Educare alla solidarietà è prima di tutto un processo culturale, uno stile di pensiero, un modo di vivere. La prospettiva della integrazione interculturale “è in partenza il riconoscimento della peculiarità propria di ciascuna cultura e della specificità della rispettiva storia e identità; esse vengono viste come grandezze storico-sociali già poste in relazione e quindi da accompagnare nella loro evoluzione relazionale, con la potenzialità che ciascuna possiede di arricchire le altre e di ricevere da esse, in un processo che le fa crescere tutte e le fa vivere insieme”.[1] E’ il superamento dell’etnocentrismo che permette l’arricchimento vicendevole delle differenti culture.
La solidarietà in un’ottica interculturale, allora, è una via obbligata. Una solidarietà interculturale ha come orizzonte l’umanità intera, in cui dobbiamo imparare a vivere insieme, “a convivere insieme nel rispetto dell’ethos e della interdipendenza. E’ qualcosa di più ambizioso di una semplice coabitazione di culture nello stesso territorio”[2], che potrà essere raggiunto se viene fortemente vissuto il principio della reciprocità.[3]
E’ bello vedere nelle opere d’arte dei ragazzi che espongono, quest’anelito. E’ bello sognare insieme un mondo migliore, perché i sogni condivisi, prima o poi diventano realtà.
p. Sergio Natoli omi


“Oggi viviamo in un “villaggio globale”. Anche nella nostra città viviamo sempre di più in una condizione sociale di multiculturalità, dove quotidianamente ci si scontra o si dialoga tra globalizzazione ed etnicismo. I continui sbarchi di “clandestini” che i mass media ci propongono quotidianamente sono gli effetti di situazioni politiche, sociali ed economiche di milioni di esseri umani che vivono nel Sud del mondo e che sono vittime impotenti dell’enorme e crescente divario, che non accenna a diminuire. tra i Paesi industrializzati e quelli in via di sviluppo.
La Cooperazione allo Sviluppo è il dovere internazionale alla solidarietà tra i popoli. Cooperare significa collaborare con quegli Enti e quelle associazioni che nel sud del mondo sono concretamente impegnate nella lotta alle povertà e contro ogni discriminazione sociale. Un progetto di cooperazione allo sviluppo è quindi una concreta possibilità di agire nei differenti settori: agricoltura, sanità, educazione, promozione delle condizioni della donna, dello sviluppo dei bambini, e di quanti sono costretti a vivere nella marginalità e nell’esclusione.
Come educatori, in qualunque ambito, abbiamo il dovere di informare e formare i giovani ad una equilibrata solidarietà, stimolandoli ad agire perché essi sono “la speranza di una nuova civiltà”.
Come docente[4], attraverso l’insegnamento della cultura religiosa, offro agli allievi l’opportunità di una conoscenza e consapevolezza delle nostre radici culturali che sono aperte all’accoglienza delle diversità culturali.
L’istruzione e la formazione sono i due cardini che permettono ai giovani di crescere come persone integrali, capaci, attraverso il loro sapere e il loro saper fare, di “saper vivere” con gli altri. L’accoglienza, il dialogo e la solidarietà sono le vie maestre per passare dalla multiculturalità alla interculturalità che è capacità di inter-agire senza che alcuno perda la propria identità.
La solidarietà è nelle radici costituzionali della Repubblica Italiana[5]. Promuovere all'interno e all'esterno della nostra comunità scolastica percorsi di formazione e iniziative culturali e di solidarietà, permette non solo la riscoperta e la divulgazione del valore costituzionale della solidarietà, ma è anche occasione privilegiata per formare ad altri valori quali la giustizia e la legalità, non solo a livello locale ma anche sul piano internazionale.
“I colori della solidarietà” è un progetto educativo inter-attivo tra alcune discipline scolastiche pensato e realizzato all’interno di un percorso scolastico, per dare un contributo educativo, alla crescita del cittadino di oggi e del professionista di domani, che sia capace di sapersi collocare positivamente nel tessuto sociale, dando il suo apporto alla costruzione di una società interculturale.
Maria Assunta Palermo

“...Gente del sud nei cantieri, nei porti, /nelle miniere, /nelle officine, /segregati la sera /nei borghi miserabili. / Accumulano / montagne d’oro rosso, / montagne d’oro nero: / e muoiono di fame.”
Questi versi sono stati scritti da Leopold Sédar Senghor, poeta fecondo, intellettuale raffinato e politico illuminato dell’Africa ( fu il primo presidente del Sénégal indipendente), ideologo della “negritudine” che con la sua opera contribuì alla riscoperta della cultura africana.
I suoi versi (e quelli di altri poeti del sud del mondo) sono stati studiati, analizzati, interiorizzati e poi tradotti in immagini dagli allievi del Progetto “Arcobaleno di popoli.
Educazione alla mondialità e cooperazione allo sviluppo”, svoltosi all’interno del Liceo artistico Catalano in cui insegno. Il concetto di solidarietà viene spesso sminuito e svilito da una serie di luoghi comuni che rischiano di vanificare (a volte ci riescono) il lavoro prezioso di coloro che nel silenzio lavorano e ottengono risultati preziosi.
Proprio per questo il progetto ha seguito un percorso di conoscenza approfondito che ha visto gli allievi impegnati in seminari di studio ed iniziative culturali promosse dal “Centro Migrantes di Palermo.
La conoscenza di brani letterari di scrittori del sud del mondo e la conoscenza dei problemi che in quel sud del mondo si vivono quotidianamente ha portato gli allievi alla realizzazione di opere meditate profondamente, evitando loro di cadere nella retorica del pietismo. I lavori presenti in questa mostra hanno il pregio di essere sinceri, mai ipocriti, alcuni allievi hanno tradotto in immagini i brani poetici, altri hanno valorizzato le tradizioni di questi popoli, la bellezza dei paesaggi, l’orgoglio dell’appartenenza.
La partecipazione al progetto è stata assidua, appassionata, cercata negli spazi di tempo tra una lezione e l’altra. L’eterogeneità del gruppo (allievi provenienti da diverse classi) è stato un valore aggiunto, mai un limite.
Mentre i nostri politici sono preoccupati del “pacchetto sicurezza”, noi come docenti siamo occupati nel promuovere il “pacchetto integrazione e solidarietà”.
Il comma 2 dei principi generali del Regolamento d’Istituto dove lavoro da circa 10 anni, così recita:
“La scuola è una comunità di dialogo, di ricerca, di esperienza sociale, informata ai valori democratici e antirazziali e volta alla crescita della persona in tutte le sue dimensioni. In essa ognuno, con pari dignità e nella diversità dei ruoli, opera per garantire la formazione alla cittadinanza, la realizzazione del diritto allo studio, lo sviluppo delle potenzialità di ciascuno e il recupero delle situazioni di svantaggio, in armonia con i principi sanciti dalla Costituzione e dalla Convenzione Internazionale dei diritti dell’Infanzia (New York, 20 novembre 1989) e con i principi generali dell’ordinamento italiano”.
Questa è la mia idea di scuola, a questi principi vorrei obbedire.
Salvo Messina




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Note:
[1] Mons. Mariano CROCIATA, Segretario della Conferenza Episcopale Italiana, L’intercultura e l’interreligiosità nel contesto sociale ed ecclesiale, Convegno Direttori Regionali Migrantes, Roma, 16 febbraio 2009, testo non rivisto dall’autore
[2] Antonio Nanni, Integrazione, intercultura e cittadinanza. Come coniugare la coesione sociale, in La Missione viene a noi, in margine all’istruzione Erga Migrantes Caritas Christi, Quaderni SIMI-3, Urbaniana University Press, 2005, p. 70
[3] Cfr. EM, 64
[4] Docente di religione cattolica presso il Liceo Artistico “E. Catalano” dal 2002
[5] Costituzione della Repubblica Italiana: Art. 2. La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.
Art. 3.Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

1 commento:

Ignazio Biosa ha detto...

Io c'ero, con mia figlia di 9 anni! I semi vanno un po' dappertutto, ma in quell'occasione la platea mi è sembrata terra buona, fertile. Avremo le piante e poi i frutti che daranno altri frutti ed altri ancora. L'importante è non smettere di seminare e di coltivare. Con pazienza e speranza, ma soprattutto con AMORE. Grazie P.Sergio e grazie a tutti i tuoi collaboratori. Ignangela e Giulia Biosa