Benedetto XVI uomo dell’ascolto e del
dialogo
di Sergio Natoli
L’11 febbraio, quando il
s. Padre Benedetto XVI ha annunciato le sue future dimissioni come Vescovo di
Roma, anch’io sono rimasto fortemente meravigliato. Una notizia giunta come un
fulmine in ogni angolo delle terra. Uomini e donne della Chiesa, Cardinali e
vescovi, differenti capi di Stato e rappresentanti delle grandi religioni hanno
espresso uguale meraviglia, ma al contempo rispetto per la decisione, definita
da molti, di portata storica.
Ripercorrendo solo alcuni
tratti del suo magistero desidero soffermarmi, anche non in modo approfondito,
al suo modo si relazionarsi con le altre religioni.
L'atteggiamento del S.
Padre, pur percorrendo in modo magistrale il binario fede e ragione, vive in se
stesso l'atteggiamento della Paternità di Dio, che nel rapporto con l'uomo
amando per primo: l'apostolo Giovanni c lo ricorda: "Noi amiamo perché egli ci ha amati per primo". (1Gv 4,19).
Un compito non semplice che a volte ha procurato
sofferenza e grandi incomprensioni come avvenne dopo la famosa lezione
magistrale svolta dal Benedetto XVI nell'Aula Magna dell’Università di
Regensburg a München, in Germania, il 12 settembre 2006 allorché trattò il rapporto tra
Fede, ragione e università.
In quella circostanza, citò quanto scritto dal
professore Theodore Khoury (Münster) circa il dialogo che il dotto imperatore
bizantino Manuele II Paleologo, forse durante i quartieri d'inverno del 1391
presso Ankara, ebbe con un persiano colto sul rapporto cristianesimo e islam e
sulla verità di ambedue. Il S. Padre citando Khoury entrare in merito al
rapporto tra la fede e la ragione, riportando il dialogo tra l'Imperatore bizantino ed il dotto persiano circa il
tema della jihād, della guerra santa. "Sicuramente l'imperatore
sapeva che nella sura 2, 256 si legge: "Nessuna costrizione
nelle cose di fede". Ma, l'imperatore ... in modo sorprendentemente brusco, brusco al punto da
essere per noi inaccettabile, si rivolge al suo interlocutore semplicemente con
la domanda centrale sul rapporto tra religione e violenza in genere, dicendo:
"Mostrami pure ciò che Maometto ha portato di nuovo, e vi troverai
soltanto delle cose cattive e disumane, come la sua direttiva di diffondere per
mezzo della spada la fede che egli predicava". L'imperatore, dopo essersi
pronunciato in modo così pesante, spiega poi minuziosamente le ragioni per cui
la diffusione della fede mediante la violenza è cosa irragionevole. La violenza
è in contrasto con la natura di Dio e la natura dell'anima. "Dio non si
compiace del sangue - egli dice -, non agire secondo ragione, "σὺν
λόγω", è contrario alla natura di Dio. La fede è frutto dell'anima, non
del corpo. Chi quindi vuole condurre qualcuno alla fede ha bisogno della
capacità di parlare bene e di ragionare correttamente, non invece della
violenza e della minaccia… Per convincere un'anima ragionevole non è necessario
disporre né del proprio braccio, né di strumenti per colpire né di qualunque
altro mezzo con cui si possa minacciare una persona di morte…".
L'affermazione decisiva in questa argomentazione contro la conversione mediante
la violenza è: non agire secondo ragione è contrario alla natura di Dio.
L'editore, Theodore Khoury, commenta: per l'imperatore, come bizantino
cresciuto nella filosofia greca, quest'affermazione è evidente. Per la dottrina
musulmana, invece, Dio è assolutamente trascendente. La sua volontà non è
legata a nessuna delle nostre categorie, fosse anche quella della
ragionevolezza."
Come sappiamo dopo questa lezione ci fu una grande
alzata di scudi, ed una quantità enorme di critiche a cui il Papa non si
sottrasse. Non ritrattò quanto aveva detto ma ne precisò ulteriormente il
pensiero. Egli ha messo in pratica quanto aveva già detto il suo predecessore
Giovanni Paolo II: “La fede e la ragione sono come le
due ali con le quali lo spirito umano s’innalza verso la contemplazione della
verità. E’ Dio ad aver posto nel cuore dell’uomo il desiderio di conoscere la
verità e, in definitiva, di conoscere Lui perché, conoscendolo e amandolo,
possa giungere alla piena verità su se stesso”Introduzione Fides et Ret ratio
di Giovanni Paolo II, 14 Set. 1998).
La certezza dell'Amore di Dio lo spinge ad andare verso uomini e donne
delle altre religioni, accogliendo e promuovendo incontri con rappresentanti
delle grandi religioni. "Ma Dio
dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi". (Rom 5, 8)
Nei suoi viaggi apostolici ha sempre avuto e dato particolare importanza
anche ai luoghi di culto delle altre religioni. La visita alla sinagoga di
Roma, alla moschea azzurra di Istambul; la promozione di momenti di preghiera
con gli esponenti di altre religioni lo hanno fatto emergere come difensore
della trascendenza dell'uomo di fronte al bombardamento mediatico posto in
essere dal relativismo e dal secolarismo.
Gesù nel vangelo afferma che "l'albero
si riconosce dai suoi frutti". Le recenti dimissioni annunciate l'11
febbraio u.s., hanno avuto un'eco profonda anche in molti esponenti di altre
religioni.
"Il prof. Channarong Boonnoon, studioso ed esperto di teologia del
buddismo, conferma l’ammirazione della comunità buddista per il Papa, che
testimonia “il limite della natura umana”. E sottolinea il compito di ogni
cristiano “di servire Dio” e non restare attaccato “al potere”. "Un atto
di umiltà verso la verità, il mondo e gli altri" e la testimonianza più
concreta e reale di "distacco dalle posizioni di potere". Benedetto
XVI, considerato un grande "difensore della Fede, oltre che uomo di
profondissima spiritualità e modestia", che ha reso ancor più evidente
"il limite della natura umana". "Il sentiero del Buddha e il
sentiero di papa Benedetto XVI: un sentiero di Verità e stima personale (pur
riconoscendo i propri limiti)".
(cfr. Asia News, 20 Feb 2013)
Anche i pastori delle sette denominazioni cattoliche egiziane considerano
le dimissioni del Papa un grande gesto di fede e responsabilità. Per i
greco-ortodossi la decisione del Papa darà nuovo impulso alla Chiesa.
(cfr. Asia News, 20 Feb 2013).
Il rabbino di Roma, Riccardo di Segni, parla di Ratzinger come di un
"interlocutore sensibile, con grande rispetto per tutti i credenti",
quando solo pochi anni fa, le prime mosse del Pontefice avevano causato non
pochi malumori tra i "fratelli maggiori" ebrei.
Il dott. Abdellah Redouane, segretario generale del Centro
islamico culturale d’Italia che ospita la Moschea di Roma: " Vorrei
cogliere l’occasione, a nome del Centro islamico culturale d’Italia, per
esprimere al Papa i nostri auguri più fervidi, e anche come credenti invochiamo
Dio affinché lo sostenga in questo momento, in cui ha fatto una scelta
difficile, ricordando sempre - come credente - che la misericordia di Dio è
infinita". (Cfr Rado Vaticana, 12/2/2013)
Il commento di Izzeddin Elzir, presidente dell’UCOII, l'Unione comunità
islamiche d’Italia: "Ho accolto la notizia come tutti quanti, credo, con
sorpresa. Da una parte, questo è un atto di coraggio, di grande responsabilità
e dall’altra il Papa, in questa sua scelta che va comunque rispettata, ha
dimostrato grande umiltà e grande umanità". (Cfr Rado Vaticana,
12/2/2013).
Ascolto e dialogo, caratteristiche dell'Amore che questo Pontefice ha
vissuto e che ci ha trasmesso nel suo magistero.
Anch'io nella sua mite fortezza lo ringrazio e lo accompagno con la mia
preghiera.
Palermo 20 Febbraio 2013
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