mercoledì 20 febbraio 2013

Benedetto XVI uomo di dialogo

Benedetto XVI uomo dell’ascolto e del dialogo
di Sergio Natoli

L’11 febbraio, quando il s. Padre Benedetto XVI ha annunciato le sue future dimissioni come Vescovo di Roma, anch’io sono rimasto fortemente meravigliato. Una notizia giunta come un fulmine in ogni angolo delle terra. Uomini e donne della Chiesa, Cardinali e vescovi, differenti capi di Stato e rappresentanti delle grandi religioni hanno espresso uguale meraviglia, ma al contempo rispetto per la decisione, definita da molti, di portata storica.
Ripercorrendo solo alcuni tratti del suo magistero desidero soffermarmi, anche non in modo approfondito, al suo modo si relazionarsi con le altre religioni.
L'atteggiamento del S. Padre, pur percorrendo in modo magistrale il binario fede e ragione, vive in se stesso l'atteggiamento della Paternità di Dio, che nel rapporto con l'uomo amando per primo: l'apostolo Giovanni c lo ricorda: "Noi amiamo perché egli ci ha amati per primo". (1Gv 4,19).
Un compito non semplice che a volte ha procurato sofferenza e grandi incomprensioni come avvenne dopo la famosa lezione magistrale svolta dal Benedetto XVI nell'Aula Magna dell’Università di Regensburg a München, in Germania, il 12 settembre 2006 allorché trattò il rapporto tra Fede, ragione e università.
In quella circostanza, citò quanto scritto dal professore Theodore Khoury (Münster) circa il dialogo che il dotto imperatore bizantino Manuele II Paleologo, forse durante i quartieri d'inverno del 1391 presso Ankara, ebbe con un persiano colto sul rapporto cristianesimo e islam e sulla verità di ambedue. Il S. Padre citando Khoury entrare in merito al rapporto tra la fede e la ragione, riportando il dialogo tra l'Imperatore  bizantino ed il dotto persiano circa il tema della jihād, della guerra santa. "Sicuramente l'imperatore sapeva che nella sura 2, 256 si legge: "Nessuna costrizione nelle cose di fede". Ma, l'imperatore ...  in modo sorprendentemente brusco, brusco al punto da essere per noi inaccettabile, si rivolge al suo interlocutore semplicemente con la domanda centrale sul rapporto tra religione e violenza in genere, dicendo: "Mostrami pure ciò che Maometto ha portato di nuovo, e vi troverai soltanto delle cose cattive e disumane, come la sua direttiva di diffondere per mezzo della spada la fede che egli predicava". L'imperatore, dopo essersi pronunciato in modo così pesante, spiega poi minuziosamente le ragioni per cui la diffusione della fede mediante la violenza è cosa irragionevole. La violenza è in contrasto con la natura di Dio e la natura dell'anima. "Dio non si compiace del sangue - egli dice -, non agire secondo ragione, "σὺν λόγω", è contrario alla natura di Dio. La fede è frutto dell'anima, non del corpo. Chi quindi vuole condurre qualcuno alla fede ha bisogno della capacità di parlare bene e di ragionare correttamente, non invece della violenza e della minaccia… Per convincere un'anima ragionevole non è necessario disporre né del proprio braccio, né di strumenti per colpire né di qualunque altro mezzo con cui si possa minacciare una persona di morte…". L'affermazione decisiva in questa argomentazione contro la conversione mediante la violenza è: non agire secondo ragione è contrario alla natura di Dio. L'editore, Theodore Khoury, commenta: per l'imperatore, come bizantino cresciuto nella filosofia greca, quest'affermazione è evidente. Per la dottrina musulmana, invece, Dio è assolutamente trascendente. La sua volontà non è legata a nessuna delle nostre categorie, fosse anche quella della ragionevolezza."
Come sappiamo dopo questa lezione ci fu una grande alzata di scudi, ed una quantità enorme di critiche a cui il Papa non si sottrasse. Non ritrattò quanto aveva detto ma ne precisò ulteriormente il pensiero. Egli ha messo in pratica quanto aveva già detto il suo predecessore Giovanni Paolo II: “La fede e la ragione sono come le due ali con le quali lo spirito umano s’innalza verso la contemplazione della verità. E’ Dio ad aver posto nel cuore dell’uomo il desiderio di conoscere la verità e, in definitiva, di conoscere Lui perché, conoscendolo e amandolo, possa giungere alla piena verità su se stesso”Introduzione Fides et Ret ratio di Giovanni Paolo II, 14 Set. 1998).
La certezza dell'Amore di Dio lo spinge ad andare verso uomini e donne delle altre religioni, accogliendo e promuovendo incontri con rappresentanti delle grandi religioni. "Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi". (Rom 5, 8)
Nei suoi viaggi apostolici ha sempre avuto e dato particolare importanza anche ai luoghi di culto delle altre religioni. La visita alla sinagoga di Roma, alla moschea azzurra di Istambul; la promozione di momenti di preghiera con gli esponenti di altre religioni lo hanno fatto emergere come difensore della trascendenza dell'uomo di fronte al bombardamento mediatico posto in essere dal relativismo e dal secolarismo.
Gesù nel vangelo afferma che "l'albero si riconosce dai suoi frutti". Le recenti dimissioni annunciate l'11 febbraio u.s., hanno avuto un'eco profonda anche in molti esponenti di altre religioni.
"Il prof. Channarong Boonnoon, studioso ed esperto di teologia del buddismo, conferma l’ammirazione della comunità buddista per il Papa, che testimonia “il limite della natura umana”. E sottolinea il compito di ogni cristiano “di servire Dio” e non restare attaccato “al potere”. "Un atto di umiltà verso la verità, il mondo e gli altri" e la testimonianza più concreta e reale di "distacco dalle posizioni di potere". Benedetto XVI, considerato un grande "difensore della Fede, oltre che uomo di profondissima spiritualità e modestia", che ha reso ancor più evidente "il limite della natura umana". "Il sentiero del Buddha e il sentiero di papa Benedetto XVI: un sentiero di Verità e stima personale (pur riconoscendo i propri limiti)". (cfr. Asia News, 20 Feb 2013)
Anche i pastori delle sette denominazioni cattoliche egiziane considerano le dimissioni del Papa un grande gesto di fede e responsabilità. Per i greco-ortodossi la decisione del Papa darà nuovo impulso alla Chiesa. (cfr. Asia News, 20 Feb 2013).
Il rabbino di Roma, Riccardo di Segni, parla di Ratzinger come di un "interlocutore sensibile, con grande rispetto per tutti i credenti", quando solo pochi anni fa, le prime mosse del Pontefice avevano causato non pochi malumori tra i "fratelli maggiori" ebrei.
Il dott. Abdellah Redouane, segretario generale del Centro islamico culturale d’Italia che ospita la Moschea di Roma: " Vorrei cogliere l’occasione, a nome del Centro islamico culturale d’Italia, per esprimere al Papa i nostri auguri più fervidi, e anche come credenti invochiamo Dio affinché lo sostenga in questo momento, in cui ha fatto una scelta difficile, ricordando sempre - come credente - che la misericordia di Dio è infinita". (Cfr Rado Vaticana, 12/2/2013)
Il commento di Izzeddin Elzir, presidente dell’UCOII, l'Unione comunità islamiche d’Italia: "Ho accolto la notizia come tutti quanti, credo, con sorpresa. Da una parte, questo è un atto di coraggio, di grande responsabilità e dall’altra il Papa, in questa sua scelta che va comunque rispettata, ha dimostrato grande umiltà e grande umanità". (Cfr Rado Vaticana, 12/2/2013).
Ascolto e dialogo, caratteristiche dell'Amore che questo Pontefice ha vissuto e che ci ha trasmesso nel suo magistero.
Anch'io nella sua mite fortezza lo ringrazio e lo accompagno con la mia preghiera.


Palermo 20 Febbraio 2013

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